domenica 5 luglio 2015

"Lo straniero della valle oscura - The dark valley" di Andreas Prochaska





     Un ragazzo e una ragazza sono nascosti nello scantinato di una casa. Risuonano dei colpi alla porta. I loro sguardi si incrociano pieni di terrore. Alcuni uomini entrano in casa. Cercano qualcuno. Arrivano allo scantinato. Sfondano la porta. Colpiscono l'uomo con il calcio del fucile. Afferrano la ragazza. La trascinano via mentre urla. Prendono anche il ragazzo, trascinandolo per i piedi. Il suo sangue è come un solco.

 Austria, fine XIX secolo. Un uomo cavalca lungo un sentiero tra le Alpi, raggiungendo un villaggio. I montanari gli fanno subito cerchio intorno, non essendo molto avvezzi a visite. Greider (Sam Riley), questo il nome dello straniero, chiede ospitalità per l'inverno e riesce a superare le loro ostilità grazie all'arte della fotografia e al suo desiderio di fotografare la valle. Lo straniero viene ospitato a casa di una vedova. Il marito e il figlio sono morti in una valanga, con lei vive solo sua figlia Luzi (Paula Beer)
 Ben presto Greider e Luzi cominciano a fare amicizia. Entrambi sono orfani di padre, lei inoltre è interessata a quel continente così lontano. Lontano da quella terra su cui dominano, come dei demoni, i sei fratelli Brenner e il loro vecchio padre. Luzi è divisa dal terrore per quella gente e l'amore per Lucas.



 Il vestiario, tipico di quelle terre, può facilmente farci venire in mente le comunità di mormoni dell'America, rinforzando quindi quel legame con il genere western. Forti sono però il legami al periodo medievale.



 Ho pensato a quei villaggi isolati, sottoposti al volere del feudatario. Spesso, soprattutto durante la veglia funebre, ho atteso quasi il sopraggiungere delle voci di un canto gregoriano. Lo stesso aspetto del patriarca, grazie a quei lunghi capelli bianchi, il mantello con la pelliccia, la fierezza e la forza del volto retato dal tempo, lo fanno apparire come un nobile esponente di un antico casato.



 Le stesse morti che colpiranno la famiglia Brenner sembrano quasi soprannaturali, figlie della superstizione e del folklore. La nebbia diventerà una coltre attraverso cui l'immaginazione e la paura disegneranno i loro chiaroscuri folli. Andreas Prochaska ci stringe, grazie a quest'ansia sospesa e quasi palpabile, per poi spingerci improvvisamente in un burrone di angoscia e sangue. Burrone in cui la neve attenuerà lentamente la nostra caduta, intontendo il nostro respiro ancora eccitato.
Se devo fare un confronto, e questa volta è western, anzi spaghetti western, la crudezza delle immagini, l'uso del rallenty, la musica incalzante,  la natura sfumata e diffusa, sono tutti elementi che non possono non farmi venire in mente l'inizio di "Mannaja".



 Devo ammetterlo, complice il titolo italiano e l'inizio della trama, non ho potuto non pensare a "Il cavaliere della valle solitaria". Mai abbaglio fu volatile come in questo caso...
 Andreas Prochaska riesce a fondere la cultura europea con quella western in maniera sapiente. Egli crea un revenge movie in cui le ritualità passate si fondono con la sete di sangue che espira dalle terre al di là del Mississippi.  Le scene di violenza non sono il frutto della spettacolarizzazione tarantinara, sono come la materializzazione del dolore evolutosi in energia. Proiezioni della propria tragedia interiore.



 Prochaska guarda molto al western all'italiana, divenendo, con "The dark valley", capace di abbeverarsi, in modo creativo, al florido seno dei nostri registi. Egli infatti scava nella componente più gotica ed exploitation degli spaghetti western. Egli non si ferma al podio leoniano, come spesso avviene per gli accademici del western contemporaneo. Margheriti, Martino, Corbucci e Castellari risuonano in quest'opera fondendosi con la ruralità ed etnicità austriaca. Egli si pone come quel tubo digerente che furono i nostri registi. Egli assimila, ma contemporaneamente trasforma, crea, produce, dona. Il suo non è un puro e narcisistico esercizio di stile sterile. Egli non è un semplice esecutore. Egli vibra, generando, per effetto amplificatorio, il nostro moto convulsivante.



 Chi segue questo blog, o il suo fratello più anziano, sa quanto adori la fusione tra soundtrack e immagini. In questo caso questa simbiosi non è riuscita. Vengono utilizzati brani che spesso sfociano in un simil-synthpop che gratta peggio di una frizione insabbiata. Meglio sarebbe stato utilizzare brani ambient o ethereal. Se proprio si voleva osare lo si poteva fare con un po' di neo-folk alla Forseti.
 "Lo straniero della valle oscura - The dark valley", come segnalato dal Zinefilo di Lucius Etruscus, sarà disponibile in dvd e blu-ray a partire dal 23 luglio 2015.




3 commenti:

Lucius Etruscus ha detto...

Accidenti che velocità! Questa sì che è una bella anteprima ;-)
Ho saltato la trama perché me lo devo ancora vedere, ma dal resto del post capisco che ha la tua approvazione questo "crauti western" :-P

Gioacchino Di Maio ha detto...

E' interessante vedere in questo periodo la rinascita del western con le sue varianti europee - oltre a questo invitante articolo che hai citato - come The Salvation oppure l'americano particolare The Homesman di Tommy Lee Jones.

Ivano Satos ha detto...

@Lucius Moltissimo Lucius. "The dark valley" è stata una bellissima sorpresa.

@Gioacchino Giustissimo Gioacchino. La capacità di osare, pur guardando indietro e riutilizzando gli elementi tipici del western, è l'unico modo per far rinascere un genere "completo", troppo spesso ingessato in sterili esecuzioni.