giovedì 26 marzo 2015

John "Liver-Eating" Johnson, l'eroico trapper antropofago di "Corvo Rosso non avrai il mio scalpo", tra storia, mito, narrativa e cinematografia.








     John "Liver-Eating" Johnson è una delle più grandi leggende western. Egli rappresenta un esempio di come la natura e le esperienze possano forgiare un uomo rendendolo un essere in grado di sopravvivere agli ambienti e alle situazioni più ostili.
 John Johnson è nato a Little York (New Jersey) nel 1824, con il nome di John Garrison. Si imbarcò, per allontanarsi da un padre alcolizzato e violento, su una baleniere già a 12-13 anni. Riuscì ad arruorarsi in marina durante la guerra messicano-statunitense. Il conflitto, durato dal 1846 al 1848, costituì uno strascico della rivoluzione texana.
 Johnson non dovette attendere la fine del conflitto per tornare alla sua vita da civile. Dopo aver percosso malamente un ufficale, cambiò il suo nome in John Johnson e fuggì seguendo la strada dell'oro fino al Montana.
 Dopo un esperienza come cercatore d'oro nella Ruby River Valley, Johnson raggiunse le Montagne Rocciose, il paradiso di ogni trapper. Le montagne sono il luogo ideale per un gigante come lui. Alto più di 1,80 metri, con una folta barba rossa e vestito di pelli animali, doveva incutere un notevole rispetto. Se a questa montagna umana ci aggiungi un coltello Bowie da 30 cm, un tomahawk, un Hawken e una Colt Walker, il rispetto si tramuta in una silvestre inquietudine.





 Il nostro eroe, dopo essersi sposato con una nativa Salish, decise di costruisi un romantico nido d'amore sradicando alcuni alberi. La moglie di John era forse l'unico essere in grado di sfumare il suo temperamento focoso. Proprio il fuoco consumò quell'amore. Dopo averla uccisa, i Crow bruciarono la donna insieme alla capanna di tronchi. Per quell'evento il barbarico YAWP di Johnson risuonò sui tetti del mondo.
 La caccia ebbe inizio. Per venti anni, secondo alcuni quindici e per altri venticinque, John Johnson andò a caccia di Crow per vendicare la morte di sua moglie. Ogni Crow ucciso veniva scotennato, aveva imparato l'arte dello scalping dagli Arapaho, e privato del fegato che diveniva il lauto pasto di Johnson. Questa ritualità gli fece guadagnare il soprannome di "Dapiek Absaroka", "Assassino di Crow" da parte dei Crow, "Mangiafegato Johnson" da parte degli altri trapper. Il fegato era simbolo indispensabile dell'integrità corporea con cui il nativo  doveva superare la soglia dell'altrove. La sua rimozione e "consumazione" rappresentava il più estremo oltraggio a carico di un indiano.
 Johnson, secondo alcune voci, venne catturato da un gruppo di indiani Blackfoots mentre trasportava quaranta litri di whisky ad un insediamento nel deserto. Il fine dei Blackfoots era quello di consegnarlo ai Crow come scambio economico o diplomatico. Gli indiani fecero un'errore enorme. Dopo averlo legato lo lasciarono in custodia di un'unica guardia. Johnson riuscì a liberarsi, uccise quindi il carceriere, lo scotennò e lo privò di una gamba da usare come lecornia per il viaggio. La stessa venne impiegata come clava per difendersi da un puma...
 Storia e leggenda si fondono sempre partecipando alla creazione del Mito. Alcuni sostengono che in realtà Johnson non uccise alcun Crow, tribù con cui aveva rapporti di amicizia e commercio. Il soprannome, secondo questi, gli venne affibiato nel 1868 come conseguenza di una sua battutta scherzosa atta a stemperare la tensione per un pericolo appena superato. Johnson e altri quindici boscaioli vennero attaccati dai Sioux, nel conflitto che ne segui Johnson accoltellò al fianco un pellerossa. Sul coltello rimasero alcuni frammenti di fegato e lui scherzando chiese se qualcuno desiderasse un po' di fegato.
 Nel 1863 entrò come scout, e poi come tiratore scelto, nella 1st Division 2nd Colorado Calvary 4th Brigade H Company. Nell'ottobre del 1864,  durante la battaglia di Westport e Newtonia in Missouri, venne ferito ad una spalla e a una gamba. Dopo le dimissioni, avvenute il 23 settembre del 1865, tornò nel Montana. Divise la sua vita tra ricerca dell'oro, caccia agli indiani, trasporto per le miniere, trappole per animali da pelliccia e contrabbando di whisky.




 Dopo un'esperienza come sceriffo a Coulson in Montana, chiamata ora Billings,  si costruì una casa a Red Lodge, dove venne nominato sceriffo. A settant'anni si ritirò per gli insopportabili dolori alla spalla. Nel 1899, suo ultimo anno di vita, si trasferì nell'ospedale per veterani di Los Angeles, in California. Il suo corpo ha riposato per decenni in un cimitero per veterani a Los Angeles, ma nel giugno del 1974 è stato trasferito a Old Trail Town a Cody, Wyoming.
 La sua vita ha ispirato il romanzo di Raymond Thorp e Robert Bunker, Crow Killer: The Saga of Liver-Eating Johnson, e la trasposizione cinematografica di Sydney Pollack, Jeremiah Johnson con Robert Redford.







     La sagoma di John L. Hatcher si staglia contro il cielo con la fierezza di un profeta.  Il giovane e inespeto John Johnson lo osserva come se quell'essere fosse tutt'uno con quelle montagne.
 Hatcher è un esperto montanaro biondo, alto quasi due metri per 100 kg di peso. Ai suoi occhi Johnson, che cerca di posare una trappola lungo il fiume, è solo un povero pivello che non resisterebbe mai alle Montagne Rocciose. Hatcher però ha proprio bisogno di un compagno di caccia e ben presto prenderà a cura l'educazione di quel giovane trapper.
 Hatcher insegnerà a Johnson a difendersi dagli indiani, ma anche a istaurare alleanze coi nativi indispensabili per la sopravvivenza in quei luoghi, e a cacciare orsi e visoni. I castori erano ormai estinti da quelle zone e il numero di molti animali tendeva a diminuire sempre più, ciò era alla base di una certa ostilità dei cacciatori bianchi americani verso gli stranieri, soprattutto i canadesi. E' ironico che proprio un trapper canadese, Jacques La Ramee, sia stato fondamentale per la storia e l'emancipazione dei trapper americani. Uno dei principi più belli lasciati da La Ramee è la solidarietà tra i trapper. Questa solidarietà è stata alla base della crescita di Johnson. Egli ha fatto lievitare la sua capacità di imparare e la sua forza di adattamento grazie agli insegnamenti di gente come Hatcher, Bill Williams, "Bear Claw" Chris Lapp (Artiglio d'Orso) e "Del" Gue.
 Ormai John Johnson è un trapper la cui fama viene narrata da tutti i suoi colleghi. La sua forza eccezionale e la sua abilità nel cacciare ne fanno un uomo rispettato sia dai trapper sia dagli indiani. Johnson è un uomo giusto e darà dimostrazione di ciò nel dramma che urla lungo il corso del fiume Musselshell. Una visione atroce assale Johnson, una donna, la signora Morgan, che piange i corpi dei suoi figli uccisi dagli indiani, mentre lo scalpo di suo marito asciuga le sue lacrime di sangue.
  I due piccoli maschietti uccisi e scotennati, la figlia diciottenne stuprata, scotennata e uccisa, il marito scotennato e trascinato di fretta ancora vivo. Gli indiani sono fuggiti dalla follia della signora Morgan, una follia armata che è riuscita ad uccidere a colpi d'ascia quattro nativi, dopo aver visto le torture inflitte al suo cuore rigato. Johnson scava quattro fosse, per i tre figli e per lo scalpo del marito, e vi pianta quattro pali su cui, la signora Morgan, issa le teste dei nativi uccisi. Johnson trascorre tre giorni di lavoro incessante per costruire una casa di tronchi alla vedova, una casa in grado di ospitare la sua solitudine e la sua follia. Quella casa diventò un'altare per molti. Emigranti e trapper, tra cui lo stesso Johnson, si recavano sulla soglia per lasciare dei doni. Gli indiani invece ne stavano lontani come dalla peste. Su quei quattro pali splendevano i candidi crani dei loro fratelli e la pazza continuava ad aggirarsi armata non solo per cacciare selvaggina. Le intemperie sono poco misericordiose con i resti ossei e i trofei vanno sempre rinnovati.
 Nel 1847,  Johnson si reca da Bear's Head (Testa d'Orso) con alcuni doni, è intenzionato a chiedere la mano di sua figlia. Dopo alcuni giorni di trattativa e una settimana di festeggiamenti, Johnson si dirige con la moglie, Swan, verso la casa sul Little Snake. Dopo poche settimane, John deve partire verso le Uintah per cacciare castori e visoni. Sarebbe tornato solo dopo il disgelo di primavera.
 Dopo mesi di caccia fruttuosa, John vede qualcosa che rimarrà impresso per sempre nella sua mente. Le ossa della moglie giacciono tra i volteggi degli avvoltoi, ma tra esse splendono anche quelle del suo figlio mai nato. Egli raccoglie quelle ossa e le deposita, insieme ad una penna d'aquila caduta dal copricapo dei Crow, in un bricco di rame, sopravvissuto alla razzia, che nasconde in un recesso tra le rocce. Il suo giuramento di vendetta comincia a diffondersi come una tempesta tra le vette di quelle terre.
 Nel 1848 cominciano ad essere scoperti i corpi di indiani Crow scotennati e privati del fegato. I soprannomi di "Liver-Eating" ("Mangiafecato") e "Dapiek Absaroka" (Killer Crow) si diffondono fino alla costa della California.






  Jeremiah Johnson, interpretato da Robert Redford, raggiunge l'agognato west, il luogo ideale per  realizzare il suo sogno di diventare un trapper. Dopo aver acquistato l'attrezzatura, il cavallo e un fucile, un calibro 20 al posto dell'agognato calibro 12, si dirige a ovest verso le Montagne Rocciose. L'inizio non è certo facile, anzi. Jeremiah, mentre cerca di catturare alcuni pesci, si accorge di essere osservato da un pellerossa a cavallo. Il suo sguardo timoroso si sposta, compresa l'assenza di  cattive intensioni da parte del nativo, dal fucile ai pesci che egli trasporta. Il pellerossa scompare verso la fitta foresta. C'è un forte contrasto tra la simbiosi dignitosa dell'indiano con la natura e lo scomposto, e forse disperato, adattamento di Jeremiah.
  Durante un'escursione trova un trapper, Hatchet Jack, congelatosi su un sentiero. Insieme al corpo vi è la sua fantastica eredità, un Hawken calibro 12. Finalmente riesce a cacciare. Dopo la morte di uno dei suoi due cavalli, Jeremiah incontra Unghia d'Orso, un trapper bianco ed anziano in cerca di un grizzly per la sua collezione di artigli. Il vecchio, nonostante Jeremiah gli abbia rovinato la caccia, decide di ospitarlo nella sua casa. Ben presto Jeremiah diviene il "tirocinante" del vecchio e comincia a commerciare con gli indiani Corvi.
 Durante una battuta di caccia trova una casa in cui una donna, in stato di shock, si prende cura dei suoi figli morti. Jeremiah cerca di assistere la donna e l'unico bambino scampato alla strage compiuta dagli indiani. 





 Quando decide di partire per una spedizione di caccia, cerca di accompagnare la madre e il bambino al fiume per prendere il traghetto. La donna decide di rimanere accanto alle sue sepolture ma gli affida il figlio. Lui  cerca di rifiutare adducendo come giustificazione la sua incapacità di prendersi cura di un bambino, ma gli occhi della madre, da cui si affaccia l'inferno dalla pazzia, alla fine lo convincono. Jeremiah soprannominerà il piccolo "Caleb".
 Nella serie Hell On Wheels è presente una bellissima citazione del film. Nella settima puntata della terza stagione, Ezra Dutson, il figlio mormone orfano di entrambi i genitori interpretato da Tayden Marks, ricorda moltissimo il piccolo "Caleb" non solo per il mutismo post traumatico ma proprio nell'aspetto. Qui il confronto.


Caleb in Corvo rosso non avrai il mio scalpo
Ezra Dutson in Hell On Wheels
 Se poi vogliamo fare i parenti di nascituro che vedono somiglianze strane, possiamo aggiungere il figlio minore di Brett McBain, l'irlandese pel di carota proprietario di Sweetwater in C'era una volta il West. Questo bimbo però non diventerà muto a causa di un trauma. Diventerà semplicemente carne per i vermi insieme al padre, alla sorella e al fratello maggiore.




  Il rapporto con Caleb è un'altro passaggio nella formazione pedagogica di Jeremiah al cospetto della natura. Cosi come il vecchio gli ha concesso la possibilità di sopravvivere, nonostante la sua inadeguatezza a quell'ambiente, così lui accoglie il bambino nella sua esistenza. Una forma di ricambio del dono alla vita di cui lui ha beneficiato in precedenza.
 Proprio la natura è la grande protagonista del film. Lei, come gli indiani e gli animali che sono entrambi sue propaggini, non risulta ne buona ne cattiva. Il film non cade nel tranello di alcune opere anni '70 di disegnare un paesaggio stile Eden, un luogo dove i nativi risultano moralmente superiori all'uomo bianco. La scena in cui Johnson lotta con i lupi racchiude la forza di questa visione, una danza che urla quasi la gloria dell'unione epica tra uomo e natura.
 Ciò non vuol dire che Corvo rosso non avrai il mio scalpo sia come quelle opere ottocentesche, ma mettiamoci anche il filone nato dalla creatività folle di Deodato, che si rifanno al darwinismo e disegnano la natura, includendovi a volte anche  l'uomo, come un groviglio di serpenti velenosi che si divorano tra loro. Vi sono momenti di puro amore verso il prossimo e la natura, momenti idiliaci. 
 Parleremo nella parte dedicata al confronto tra arte, libro e film, e storia/mito della scelta omissoria del film riguardo al cannibalismo di Johnson.



 Nel libro il primo trapper a educare Johnson è John L Hatcher. Nel film tale ruolo viene assegnato esclusivamente a "Unghia d'Orso", ovvero "Bear Claw" Chris Lapp. Nell'opera cinematografica  appare un Hatcher congelato ma di nome Jack, si fa probabilmente riferimento a Jack Ireland detto "Hatcher". Jack, "che smembra e brucia le sue vittime indiane", viene nominato nel libro insieme ad altri trentanove montanari accorsi da Johnson dopo aver avuto notizia della sua fuga dai Piedineri.

 Il bambino è presente unicamente nel film. Nessuno dei due figli della vedova sopravvisse all'assalto perpetrato dai Piedineri descritto nel libro.

 Il matrimonio, voluto dal Johnson del libro, nel film risulta un dono offerto dal capo della tribù delle Teste Piatte per ricambiare il regalo con cui Johnson ha voluto omaggiarlo. Regalo che Johnson accetta per non rischiare di offendere il capo tribù. Come dice Del Gue: <<Questo sarà istruito ma è sempre un indiano, e le sue leggi sono le sue leggi! Se ti preme la salute Jeremiah è meglio che ti sposi!>> Si crea in questo modo uno splendido siparietto comico.

 Secondo alcune voci i Crow bruciarono la casa in cui avevano ucciso Swan. Nel libro gli autori specificano invece che i Crow la lasciarono intatta, per tornarvi poi alla ricerca di altri beni, e che la donna indiana fu lasciata all'esterno della casa. Johnson la brucerà solo successivamente. Nel film egli appicca l'ncendio subito dopo aver disposto il corpo della moglie e di Caleb su un giaciglio.
 Nel film l'azione omicidiaria dei Crow è scatenata dalla violazione del territorio sacro su cui sono erti i loro altari funebri. Nel libro l'omicidio è il frutto di una scorreria di alcuni giovani Crow.

 Alcune fonti sostengono che Johnson fosse un alcolizzato e che i suoi problemi in marina, e quelli nell'esercito indicati da Mclelland, sarebbero derivati proprio dalla sua dipendenza dallo squaglia budella. Nel libro John risulta astemio e nel film non c'è alcuna traccia di alcolismo.

 Arriviamo ora al cannibalismo di Johnson. Il film trascura completamente questo elemento caratteristico della figura di "Liver-Eating". In esso Johnson appare come una figura molto neutra, se paragonata ad altri personaggi, fino al momento dell'uccisione della moglie e del piccolo Caleb. Cammina quasi sulle punte nella paura di alterare un equilibrio che egli ha trovato nella natura selvaggia, la wilderness, dove Trapper e nativi appaiono come elementi già forgiati da essa e, conseguentemente, elementi da non contaminare con un comportamento inadeguato. L'evento tragico indurrà un cambiamento fondamentale attraverso la rottura della fruizione passiva degli eventi. Basta confrontare i due momenti in cui compare la figura di Del Gue e nella variazione dei ruoli.
 La decisione, di celare il rituale attuato da Johnson, ha naturalmente fini inerenti la maggiore fruibilità dell'opera. Lo stesso dicasi del motivo per cui i Crow compiono la strage. Difesa della loro tradizione e dei loro tabù nel film, scorribanda egoista e puerile nel libro. Nel film si cerca di razionalizzare il male al fine di renderlo più assimilabile allo spettatore. Ciò comunque non altera quell'equilibrio, forse lo stabilizza innanzi all'uomo sradicato dalla natura.
Tra i trapper e gli scout sono stati numerosi i casi di antropofagia. Il più famoso è quello di Alfred G. "Alferd" Packer. La sua condanna è stata spesso vista come un mezzo per dare un forte esempio. Un modo per interrompere un comportamento, perpetrato in casi limite, ma che comportava una difficile valutazione in sede processuale poiché risultava estremamente difficile stabilire la presenza o meno di omicidio associato al cannibalismo.
 Ma l'antropofagia di Johnson non era sporadica e dovuta ad eventi estremi. La sua era un'antropofagia rituale in un certo senso. In essa non vi era la trasmissione di energie virtù, finalità tipica del cannibalismo di alcune società tribali. In essa vi era l'oblio dell'energia, con conseguente condanna eterna delle vittime. Ciò che rende Johnson un mito, soprattutto agli occhi degli stessi Crow, non è l'accumulo dell'altrui energia, ma la sua energia endogena che si accresce attraverso le sue azioni e le sue prove.  La lotta con i Crow rappresenta un nuovo gradino nella crescita di Johnson, poiché al termine di essa raggiungerà un nuovo equilibrio, ma in quanto parte attiva nel gioco della natura e in simbiosi con gli altri suoi elementi. 


 

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