lunedì 27 aprile 2015

Non è un paese per vecchi, da Cormac McCarthy ai fratelli Coen





     Moss quasi aspira l'essenza del deserto, mentre i suoi occhi raggiungono le montagne del Messico e le sue mani stringono un fucile .270 con mirino 12x. Un gruppo di antilopi. Uno sparo sfortunato e inizia la ricerca dell'animale ferito. Fino ad uno spettacolo surreale ed orrendo.
 Alcuni fuoristrada e dei corpi riversi a terra. Un massacro. Non tutti quei corpi sono privi di vita. Due occhi lo osservano e le loro labbra chiedono dell'acqua. Ripetutamente. Come un mantra. Un mantra che risuona nelle orecchie di Moss mentre indifferente perquisisce quei resti, sapendo cosa può essere all'origine di quel massacro. Alla fine la trova. Una borsa di cuoio piena di soldi.
 Dopo un ritrovamento del genere nulla può esser come prima, soprattutto se commetti l'errore di ritornare nel luogo del massacro. La fitta alla coscienza che quasi ti alza dal letto e ti trascina a quegli occhi che ti implorano.
 Ad attenderlo non saranno degli occhi spenti e languidi. Essi saranno più luminosi di una torcia. Ad attenderlo saranno i fari di un fuoristrada che ara quei terreni selvaggi alla ricerca di quei soldi scomparsi come l'alito di quei corpi straziati.
 Moss può scappare da quegli uomini. Può fuggire da quella caccia stremante, ma in realtà può solo rimandare l'incontro fatidico con le conseguenze di quella scelta. Nessuno dimentica una una borsa piena di dollari, specialmente se chi è sparito insieme ai soldi ha lasciato un indizio grande quanto un pick up. Sarebbe bastato non tornare in quel posto. Sarebbe bastato continuare a dormire.
 Moss ormai non può più farlo. Moss non può neanche più dormire. Ormai la caccia è iniziata e dietro le sue tracce vi è un uomo che pare quasi la raffigurazione che i menestrelli medievali facevano della morte. Come quelle leggende in cui gli dei scendono sulla terra con le fattezze umane, Chigurh contempla la futura morte del suo interlocutore ignaro. Una morte che sboccia come un fiore. Un fiore perfetto al centro dell'osso frontale.
 Chigurh ricorda un po' il Sentenza di "Il Buono, Il Brutto e il Cattivo", ma in lui vi è qualcosa di talmente freddo da renderlo quasi alieno. Un Dio sceso tra gli uomini e rispettoso di una personalissima Torah. Perché vi è un misticismo contorto in lui. Una fede in se stesso che trasforma ai suoi occhi Moss in un Giobbe. Un Giobbe narcisista incapace di accoglierlo nella sua anima, innescando in tal modo la sua vendetta. Chigurh è la pestilenza che si diffonde alle spalle di Moss.
 Se Chigurh è la pestilenza, lo sceriffo Bell non può che limitarsi ad esser il necroforo di tal male. Bell vorrebbe essere lasciato in pace. Bell vorrebbe che l'oscurità calasse rendendolo invisibile. Vorrebbe che qualcuno lo mettesse al sicuro da quel mondo che ormai non riesce più a capire. Quando sulla statale 90 vede il corpo senza vita di un falco codarossa, lo prende e lo posa sui fili d'erba accanto alla strada. Non accetta che le macchine lo possano deturpare in quella quiete che traspare dai suoi occhi. Vorrebbe che qualcuno allontanasse anche lui da quell'irrazionale moto di eventi assurdi che lentamente, con la pazienza dell'erosione, lo stanno distruggendo.

 Lo stanno distruggendo nell'anima. E' proprio quella che Bell vuole proteggere. Celare. Nascondere. Accecare da quel Male che si diffonde come una nube alienante. E' la sua anima che gli preme non la sua vita. La sua vita è per la gente che lo ha votato sceriffo.
  La consapevolezza del Male. Un'entita definita per Moss, senza un volto, senza una fisionomia certa ma con una sagoma stabilita. Sicura. Umana. Per Bell è tutto diverso. Il male è quasi un qualcosa di impalpabile. Qualcosa non racchiuso in un bozzo statico. E' come un virus in grado di superare le difese di un corpo e di diffondersi in maniera incontrollabile. Se fosse un elemento soprannaturale penseremmo a La Cosa di Campbell/Carpenter, ma per Bell è qualcosa di naturale, anche se inspiegabile. Inspiegabile come neanche la pazzia può essere. Come tutti quegli avvenimenti di cronaca che rimbombano nella sua testa. Per quel male non puoi acquistare un fucile a pompa e modificarne il calcio e la canna. Non puoi.
 I ricordi dello sceriffo Bell affiorano durante il romanzo. Sono come il respiro della terra. Il respiro del Texas e del suo popolo. Il respiro dell'America ormai mutata. Una pax romana attuata attorno al fuoco, un clemente occhio di uragano in cui le parole sussurrate imprimo i sensi più della disperazione e della distruzione che glorifica all'esterno di quel guscio di quiete.
 L'esaltazione degli uomini del passato, coloro che riuscivano a riempire il vuoto della legge con la loro persona. Con il loro mito. Oggi è diverso. Il vuoto è esistenziale. Il vuoto è sociale. Non è solo pazzia. E' qualcosa che cresce ormai a livello esponenziale insieme ad un'altra forma di male. L'assuefazione. I due elementi si nutrono a vicenda. L'uno è la forza dell'altro. Distruggendo il diritto al libero arbitrio e sostituendolo con un imprinting di egoismo e di empatia suicida.
 Perché proprio il libero arbitrio è il protagonista dell'opera. Il libero arbitrio che resta comunque il fautore dell'umano destino nonostante l'uomo cerchi di abdicare le sue responsabilità sotto l'attenuante di Dio, dell'ideologia, della coerenza, del dovere, della psicoanalisi da quattro soldi...
  Quella di McCarthy è una cronaca distaccata. Può essere paragonata a quella del verismo e del naturalismo. Una cronaca distaccata ma straziante. Essa viene sussurrata, come i pensieri di Bell, raggelando con quel senso di perdita e insicurezza. Una cronaca che ti rende impotente nella contemplazione di quel male sapientemente descritto nel suo muoversi tra il Texas e il Messico, tra gli occhi e le pieghe dell'anima.






 L'opera di Cormac McCarthy è stata portata sul grande schermo dai  fratelli Coen nel 2007. La parte di Bell è stata assegnata a Tommy Lee Jones, il segugio di Hollywood per antonomasia, quella di Moss a Josh Brolin mentre Javier Bardem interpreta Chigurh.
 Javier Bardem riesce ad imprimere il calco dell'estasi sul suo volto, quella del distacco dalle sensazioni, dall'emotivita. Chigurh è privo di qualsiasi forma di sadismo e in lui l'omicidio diviene un percorso iniziatico.
 I fratelli Coen scelgono di non distaccarsi dall'opera originale, sarebbe stato facile accentuare gli elementi gore e ridurre quel senso di "inadeguatezza" agli eventi. Oltre ai naturali tagli e ai piccoli adattamenti, loro inseriscono delle piccolissime battutte che rendono alcune situazioni e dialoghi assurdi. Così come assurdi appaiono alcuni personaggi. L'impacciato vice di Bell sembra l'Andy Brennan di Twin Peaks mentre la guardia di frontiera fa venire in mente il classico esaltato dell'esercito, da William "Bill" Kilgore al sergente maggiore Hartman.
 Il film rappresenta una vera prova di coraggio. No country for old men è un opera difficile per una  trasposizione cinematografica. Il rischio di eccedere in una delle sue componenti, soprattutto la violenza o la disillusione, è molto alto, ma loro riescono a creare un film fruibile in cui risuona il messaggio dell'opera originale. Questo avviene anche grazie all'ottima performance di Tommy Lee Jones e alla sua capacità di somatizzare la lotta interiore tra istinto di sopravvivenza e desiderio di giustizia. La sua ombra, incorniciata da quella porta, racchiude tutta la sacralità del libero arbitrio.






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