domenica 8 novembre 2015

"Bone Tomahawk" di S. Craig Zahler.






     Purvis e Buddy ripuliscono i corpi di una famiglia di pionieri che hanno appena sterminato. Messi in fuga dall'avvicinarsi di alcuni uomini a cavallo, i due si inoltrano verso le rocce, quasi scomparendo tra l'alta vegetazione. Improvvisamente si ritrovano in un paesaggio costellato di teschi, sia umani sia animali, che porta fino a un cimitero. Purvis non si sente tanto sicuro ad attraversare un luogo sacro ai Nativi, ma Buddy lo pungola affinché si comporti da uomo civilizzato e non come quei selvaggi. Il suono di un misterioso strumento precede il massacro di Buddy.
 Undici giorni dopo, a Bright Hope, Purvis seppelisce la borsa con la refurtiva. La cittadina è quasi una città fantasma, visto che tutti gli uomini sono cowboy coinvolti nella guida delle mandrie. Tra i pochi rimasti vi è il vice sceriffo "di riserva" Chicory (Richard Jenkins), proprio colui che vede Purvis cambiarsi di abito e seppellire il resto della roba. Insospettito dal racconto del suo vice, lo sceriffo Franklin Hunt (Kurt Russell) decide di recarsi al "Learned Goat", il saloon locale, per parlare con il forestiero.  
 Dopo averlo ferito e arrestato, lo sceriffo recupera la merce, la quale risulta costellata da  numerose tracce di sangue. A curare il prigioniero viene chiamata Samantha O'Dwyer (Lili Simmons), assistita dal vice Nick che resta nell'uffcio dello sceriffo per il turno di notte.
 Quella stessa notte, alcuni Nativi antropofagi irrompono in una stalla, uccidono il custode e ne dilaniano il corpo. La mattina dopo l'ufficio dello sceriffo risulta completamente vuoto. Sono spariti la signora O'Dwyer, il vicesceriffo Nick e anche il prigioniero.
 Grazie a un'esperto e a una freccia rinvenuta nell'uffico, lo sceriffo scopre che i responsabili sono dei pellerossa che vivono nelle caverne. Esseri che "stuprano e mangiano le loro stesse madri". Questi trogloditi abitano nella "Valle dei Famelici", presso la Catena Occidentale. Lo sceriffo organizza quindi una squadra di recupero formata da Arthur O'Dwyer (Patrick Wilson), marito di Samantha e claudicante per un trauma alla gamba, da John Brooder (Matthew Fox), un ex soldato e cacciatore di indiani, e da Chicory.



 L'inizio di "Bone Tomahawk" è fatto di quella lentezza che serve ad assorbire l'umore dell'ambiente. I suoi odori e i suoi suoni. Il profumo della zuppa di mais come il rumore dei tacchi degli stivali. Una sorta di omeostasi. Omeostasi che riesce alla perfezione, sia grazie ai dialoghi sia grazie a una fotografia in grado di parlare nei momenti più adeguati, trasformando il paesaggio in membro attivo, ma mai oppressivo attraverso effetti snaturanti.
 Come sempre la natura e un'incubatrice dove l'embrione umano si sviluppa e scalpita. Il viaggio in "Bone Tomahawk" affronta tutti gli elementi tipici delle opere di Louis L'Amour. Il deserto diviene la fornace in cui quelle anime vengono temprate e forgiate. Incubatrice quindi di riscatto, ma anche fonte di sfida. Sfida verso l'ambiente, gli altri , ma soprattutto verso i propri limiti e il proprio dolore.



 S. Craig Zahler dimostra di essere un maestro nel cambiare il corso degli eventi. Tutto accade improvvisamente e ci si ritrova in un cannibal movie. Il Louis L'Amour cede il passo al primo Deodato e lo fa in un modo veramente crudo. Sconvolgente.
 Questi selvaggi non sono dei semplici uomini primitivi come quelli che vedevamo nei film di Lenzi e Deodato, questi non sembrano neanche umani. Sembrano quelle creature mitologiche di cui i Greci popolavano le terre dell'Asia Minore. Non sono esili Filippini che hanno dalla loro un istinto violento ipertrofico. Questi sono la morte che cammina tuonando con gli arti e con la gola. I loro passi, come lo squillo di tromba che annuncia l'ingresso di un re malato, precedono degli esseri mastodontici. Muscolosi. Dei colossi che annientano quasi l'istinto di sopravvivenza.
 Tutto accade improvvisamente. Improvvisamente ma nel momento giusto. Occhio quindi a giudicare un certo rilassamento. Ciò è solo per disarmarvi. Per farvi abbassare la guardia. Alla fine il colpo arriva.



  Questo vale anche per Kurt Russell. Egli funge da mandriano di quella carovana di uomini guidata verso l'inferno. Giusto. Corretto. Un ammortizzatore tra quelle forze, razionali e non, che vengono a scontrarsi. Più saggio e intuitivo dello stesso Chicory, il vero anziano del gruppo. Il nostro mito può ricordare inizialmente il Tommy Lee Jones di "No Country for Old Men", la sua calma e la sua pacatezza, ma anche il forte legame con la moglie e la paura di perderla. Egli viene deriso e umiliato, in maniera sottintesa, dal giovane e superbo John Brooder, ma come il Bishop di Peckinpah, egli mostrerà la forza del vecchio leone. Perché alla fine Russel torna a interpretare il ruolo del salvatore, ma in forma matura, passando dall'antieroe di Carpenter all'eroe che decide di compiere il suo dovere in cambio di nulla, ma rischiando tutto. Un eroe capace di aprirti il torace.

Qui l'articolo dell'amico Mario Raciti.
Qui l'articolo dell'amica Lucia Patrizi.




6 commenti:

Unknown ha detto...

Condivido senza leggere perchè stasera lo finisco, ho visto la prima ora ;-) Cheers!

Ivano Satos ha detto...

La seconda parte è veramente traumatica ;)

Lucius Etruscus ha detto...

Cannibal western... davvero una incredibile contaminazione! Sembra cadere a fagiolo visto il tuo bel ciclo "cannibal" sui Beati Lotofagi ;-)
Splendido pezzo.

MarioR ha detto...

Evvai!!! Gran bella recensione, pard! Io l'ho adorato questo film, tra l'altro ricorda molto un altro gioiellino dello stesso genere, "The Burrowers" (ovviamente mai uscito in Italia). Spero che questo BT riuscirà a vedere la luce da noi, mi basterebbe anche direttamente in homevideo. Chi lo sa? Il cast di livello farebbe ben sperare.

PS. Grazie per il link al mio articolo :)

Ivano Satos ha detto...

Grazie Mille Lucius!!! Prima o poi recensirò un certo western collegato a Lenzi e al suo "Il paese del sesso selvaggio", perché il legame non è solo con "L'uomo chiamato cavallo".
Un bel botta e risposta tra i miei due blog ;)

Ivano Satos ha detto...

@Mario Grazie Mille Mario!!! Un'opera bellissima quella di Zahler, capace di coinvolgerti emotivamente e in maniera inaspettata. Splendida segnalazione quella di "The Burrowers", film che non conoscevo.
Impossibile non segnalare il tuo fantastico articolo Mario!!! ;)